Cuore oltre l’ostacolo
Visto dall’inizio di maggio, l’esame sembra un muro invalicabile. È tornato come era prima: con gli scritti e l’orale. Un insieme di prove che sembrano poter rimettere in gioco tutto: almeno agli occhi degli studenti, che interpretano spesso questo momento come qualcosa di separato e diverso dal loro percorso. Una vera e propria discontinuità anche nella relazione con gli insegnanti: l’altra parte della cattedra si trasforma in un affollato gruppo contro cui si è soli e a cui si deve nuovamente mostrare chi si è o chi si è diventati.
In momenti come questo le parole aiutano, specie quando provengono da quel “muro” di insegnanti che non è fatto di veri mattoni, ma di compagni di viaggio: proviamo a mettere al centro della mappa di oggi un concetto che potrebbe davvero essere un utile modo di scavalcarlo, andando incontro al futuro. La parola che vi propongo è barriera.
Tecnologia e barriere
Partiamo da alcune considerazioni che riguardano la nostra disciplina: un edificio o un luogo pubblico non sono sempre pronti ad accogliere adeguatamente chi ha difficoltà di movimento o di percezione spaziale. Pensiamo, per esempio, di dover camminare con le stampelle: accedere agli edifici attraverso le scale diventa davvero complicato. In realtà, anche un genitore che spinge un passeggino con un bimbo si rende conto facilmente che le barriere architettoniche sono un grosso problema.
È quindi fondamentale, quando si progetta un edificio o uno spazio di qualsiasi natura, immaginare i diversi criteri con cui gli spazi interni ed esterni possono diventare accessibili a tutti. Le barriere architettoniche sono tutti gli elementi che impediscono il movimento o l’uso di servizi e attrezzature.
Negli ultimi anni si è lavorato molto sul tema del superamento delle barriere architettoniche, per migliorare la mobilità pedonale e l’accessibilità dei servizi, primi fra tutti i mezzi pubblici. Molti di questi interventi riguardano le persone in sedia a rotelle: per facilitare i loro spostamenti sono state installate piattaforme elettriche in prossimità di scale e dislivelli, le rampe sono diventate sempre più comuni, le dimensioni degli ascensori sono aumentate e quelle dei bagni pubblici definite con attenzione. Non vedenti e ipovedenti sono, invece, una delle categorie più complesse da tutelare dal punto di vista della pericolosità dei percorsi urbani.
Le barriere e i cinque sensi
Una strategia che si è mostrata efficace è quella della costruzione di un percorso tattile. Si basa sull’utilizzo di una speciale segnaletica costituita da superfici con rugosità diverse che suggeriscono al disabile visivo quale comportamento tenere in prossimità di barriere architettoniche, ostacoli, potenziali pericoli. Il riconoscimento dei segnali avviene tramite il tatto e il bastone. Per evitare possibili errori nella lettura dei segnali tattili le associazioni dei non vedenti hanno contribuito a diffondere una versione uniformata di questo speciale codice.
La conoscenza di un luogo però non passa solamente dalla vista e dal tatto: anche i suoni possono fornire importanti elementi di orientamento. Eccoci, quindi, al primo collegamento fra discipline: un’idea che potrebbe essere approfondita durante il colloquio, grazie all’aiuto del docente di musica, è certamente quella di paesaggio sonoro. Di cosa si tratta? Con questo termine si intende l’insieme dei suoni che ci circonda e che caratterizza un luogo.
I suoni naturali o di origine antropica e le loro relazioni hanno un ruolo importantissimo nella nostra capacità di riconoscere gli spazi che attraversiamo o in cui viviamo, pur mutando attraverso le stagioni e le diverse ore della giornata. L’idea di paesaggio sonoro, inizialmente utilizzata per interessantissime performance musicali, è oggi diventata uno strumento a disposizione di sociologi e urbanisti per meglio conoscere il livello di benessere di quartieri e zone del territorio.
Non sempre le barriere sono ostacoli
A volte però gli ostacoli urbani possono essere anche intesi come una specie di stimolo… Per riflettere sulle barriere in modo davvero poco convenzionale e ribaltare il punto di vista si potrebbe introdurre nel proprio discorso il parkour: una nuova e interessante disciplina sportiva che trasforma gli ostacoli della città in una vera e propria palestra. L’atleta, detto tracciatore, deve imparare ad adattare il proprio corpo agli ostacoli svolgendo uno specifico percorso.
Se continuiamo a farci ispirare dalla città, semplice è a questo punto spostare il discorso sull’arte e coinvolgere la street art nella propria dissertazione, forse affrontandola in parte in inglese raccontando del rapporto fra il notissimo Banksy e la sua città: Bristol.
Certamente però l’arte urbana e i graffiti possono diventare un buon pretesto per parlare di altri muri utilizzati come supporto per esprimere malessere o dissenso: la caduta del muro di Berlino, affrontata in storia o educazione civica, da questo punto di vista è proverbiale. I frammenti stessi di questa grande barriera quasi completamente coperta di murales, che ha separato una nazione per buona parte del Novecento, sono stati considerati al pari di opere d’arte ed esposti al pubblico in musei e luoghi pubblici.
Perché le barriere spesso non sono soltanto fisiche, ma anche mentali, politiche, psicologiche: Italo Calvino ha ben raccontato nella sua “lezione americana” sulla leggerezza cosa significa andare oltre le difficoltà del nostro tempo per crescere come esseri umani.
Ci sono poi anche barriere spaziali, che possono far concludere la propria dissertazione con un inatteso “fuoripista”. La cintura di asteroidi, spesso affrontata nella programmazione di Scienze, è stata certamente intesa come una sorta di barriera protettiva per il sistema solare interno in vari film o cartoni animati sci-fi. Ovviamente la sua funzione non è proprio questa, anche se effettivamente la si può intendere come un elemento separatore fra pianeti rocciosi e pianeti gassosi… e come un modo tutt’altro che scontato per terminare il proprio orale. Verso l’infinito e oltre.
Foto cover: Arsenii Palivoda / Shutterstock