Una gita inaspettata
Il mio “back to school” di quest’anno è stato davvero più curioso del solito: un viaggio inatteso mi ha portato a passare l’ultima settimana di vacanza a Bilbao, in Spagna. L’ultima volta che sono stato in questa città dei Paesi Baschi ero uno studente di architettura che, sul finire degli anni Novanta, cominciava a interessarsi di trasformazioni urbane.
Molte città europee, sull’esempio della Barcellona olimpica, stavano rimettendo in discussione il loro passato industriale e spesso capannoni e fabbriche venivano sostituiti da nuovi edifici che celavano grandi ambizioni. Il caso della realizzazione del museo Guggenheim di Frank O. Gehry a Bilbao divenne celeberrimo in brevissimo tempo: non solo per l’eccentricità del design del grande spazio espositivo, ma anche perché questa operazione seppe diventare il fulcro di un processo di cambiamento radicale per l’intero territorio. La città divenne in brevissimo tempo meta turistica e luogo di cultura, riqualificando nel tempo quartieri, spazi aperti e infrastrutture. A distanza di quasi un quarto di secolo ho ritrovato tutto questo e molto di più.

Nerd a confronto
Il museo era, al tempo della mia prima visita, appena uscito dal cantiere: la sistemazione esterna era terminata e il cane Puppy accoglieva già i turisti, ma l’interno e le sale erano perlopiù vuote. Non sembrò un grosso problema al giovane nerd dell’architettura che sono stato, curioso di scoprire tutti i segreti delle tecnologie edilizie messe in campo per dare vita a quella immensa scultura: gli spazi vuoti consentivano di infilarsi dappertutto spiando ogni dettaglio e imparando cose nuove da ogni giunto.
I grandi volumi in pietra, vetro e titanio apparivano come un meraviglioso involucro: non ancora come uno scrigno pronto ad accogliere opere e collezioni d’arte. Oggi ho avuto la possibilità di mettere in discussione la superficialità del mio giudizio di allora: non solo perché il museo completamente allestito è davvero una festa per gli occhi. Oltre a visitare le installazioni, la collezione permanente e le esposizioni temporanee ho scoperto che ampi spazi vengono dedicati al tema dell’apprendimento attraverso l’arte e la tecnologia: capirete che tutto questo ha davvero saputo incuriosire il nerd che sono diventato più recentemente.

Un’esperienza Stem: Artetik
In particolare, ho conosciuto e potuto apprezzare i risultati di una ricerca portata avanti attraverso una collaborazione del museo con la fondazione Google Arts and Culture. Il nome di questo lavoro è Artetik ed esplora un mondo straordinario: quello delle relazioni che esistono fra arte ed emozioni umane.
In uno spazio del museo, alcuni pannelli interattivi hanno mostrato a più di 1.300 visitatori un gran numero di opere d’arte della collezione permanente, permettendo loro di associare tre parole chiave che descrivono lo stato emotivo che suscita la percezione visiva di forme, figure, colori.
Un gruppo di scienziati dell’Università di Berkeley ha poi predisposto un algoritmo chiamato Annoy in grado di rielaborare i dati raccolti e di costruire un vero e proprio atlante interattivo: un dispositivo estremamente utile a indagare le influenze dell’arte sull’umore e le sensazioni degli esseri umani. Questo strumento, che potete esplorare attraverso questo link, ha a mio parere diverse potenzialità, specialmente se applicate alla didattica: in particolar modo per chi costruisce percorsi dedicati all’avvicinamento degli allievi più giovani all’arte contemporanea.
In modo molto intuitivo mostra come anche i linguaggi artistici più attuali offrano la grande opportunità di riflettere su noi stessi, forse imparando a conoscerci meglio e a riconoscere nelle opere uno “specchio” in grado di riflettere chi siamo. Non solo: Artetik è un’operazione che, opportunamente approfondita e raccontata, consente di trasmettere il vero senso di un’esperienza che possa davvero dirsi stem. Ingegneria, informatica e arte che indagano insieme la sfera delle emozioni umane insegnano che non c’è davvero confine fra discipline nella ricerca e che l’obiettivo più alto della nostra curiosità è sempre rendere più consapevole l’umanità del futuro.

Foto cover: Katesha/ Shutterstock