Ricorrenze estive
Qualche giorno fa, il mondo della comunicazione digitale ha festeggiato il decennale di una importante ricorrenza: dal 2014 infatti, il 17 luglio si svolge il World Emoji Day, una giornata dedicata ai popolari pittogrammi in cui i brand di tutto il mondo si sbizzarriscono per proporre originali campagne di marketing. Attualmente le emoji sono così diffuse a livello globale da essere considerate un vero e proprio linguaggio: nel 2015 l’Oxford Dictionary ha addirittura dichiarato l’emoji dello smiley che ride fino alle lacrime “parola dell’anno”, sostituendo per la prima volta il testo con un’immagine. Ma cosa sono realmente e come nasce il loro uso?
Parlare con le immagini
Le immagini sono tradizionalmente intese come un “corredo”: in libri, giornali, saggi, siti internet vengono utilizzate per accompagnare e spiegare un testo, come approfondimento, per rendere più chiare le informazioni, per aggiungere significati. Proprio per questa ragione nell’editing grafico di una immagine è importante veicolare correttamente i messaggi che si vogliono comunicare. Per fare questo si usano spesso i pittogrammi: immagini stilizzate che evocano idee o concetti differenti da ciò che effettivamente rappresentano, come icone o simboli. Così, un cerchio giallo può concettualizzare un sole, se inserito nel giusto contesto e un quadrifoglio verde può essere un augurio di buona fortuna. Icone e simboli hanno un grande vantaggio: ambiscono ad avere una valenza universale poiché riescono a comunicare il loro messaggio anche oltre la lingua nazionale.
Le icone delle app del telefono oppure del desktop del PC sono esempi di simboli che rimandano in modo immediato a un significato più ampio: sono elementi stilizzati che raccontano, per esempio, che cosa si può fare con una determinata applicazione. Un programma di grafica può essere rappresentato da un’icona che ricorda la punta di un pennello e una scelta di colori in gradazione (palette), un programma di disegno tecnico da una squadretta con gli assi cartesiani, un programma di scrittura da un foglio con campiture orizzontali che stilizzano il testo e da una lettera dell’alfabeto.
Immagini e punteggiatura
Nel 1982, l’informatico Scott Fahlman capì che si sarebbe potuto ricorrere alle immagini per risolvere una criticità fortissima di un modo di comunicare che stava prendendo piede sempre più rapidamente in ambito digitale: la chat. Oggi sappiamo benissimo che “chiacchierare” utilizzando la forma scritta è estremamente complesso: le inflessioni vocali e le espressioni facciali che denotano sfumature del discorso come l’ironia o il sarcasmo non sempre vengono comprese e possono generare fraintendimenti anche gravi. Proprio per questo, Scott ideò un uso estremamente creativo della punteggiatura che, posta nella giusta sequenza, avrebbe potuto alludere allo stato emotivo dello scrivente, richiamando immagini iconiche come un sorriso, un broncio, un viso stupito. Erano nate le emoticon (emotion+icon): non immagini vere e proprie, ma combinazioni di elementi testuali che permettevano di condividere i propri stati d’animo attraverso schermi a cristalli liquidi.
Oltre puntini, parentesi e asterischi
L’evoluzione di quelli che noi boomer abbiamo chiamato “telefonini” negli attuali smartphone ha comportato l’integrazione di tecnologie sempre più raffinate, specialmente nell’ambito della riproduzione video. Oggi sugli schermi dei nostri dispositivi possono comparire immagini estremamente definite perché nelle nostre tasche c’è qualcosa che non serve più soltanto per la comunicazione verbale, ma può integrare modalità molto diverse di veicolare significati e contenuti.
Le emoji, comparse in Giappone per la prima volta sul finire degli anni Novanta, fanno evolvere l’idea di emoticon in un intreccio sempre più forte fra testo e immagine
Il primo set realizzato contava 176 elementi e traeva ispirazione da diversi ambiti: in primo luogo il mondo dei manga e quello dell’arte. Oggi ovviamente le emoji a nostra disposizione sono decisamente di più e alcune di esse hanno addirittura acquisito un carattere polisemico, nascondendo anche doppi e tripli significati. Non solo: è possibile personalizzarle scegliendo, per esempio, il colore di pelle di mani e faccine oppure combinandole con avatar. Essere fraintesi sembra davvero diventato difficilissimo! 😉
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