In questi giorni le notizie degli effetti della quarantena sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico hanno fatto il giro del mondo. Se questa difficile esperienza contribuirà a costruire nuove forme di consapevolezza rispetto all’ambiente sarebbe più interessante, a mio avviso, ampliare la riflessione e ragionare su come i nostri consumi sono cambiati, stanno cambiando e potranno cambiare nel prossimo futuro.
Ecco un possibile contributo: da qualche anno, con un considerevole ritardo, il concetto di impronta ecologica ha fatto il proprio ingresso nei testi scolastici di Tecnologia. Non si tratta certamente di un’idea nuova: l’impronta ecologica è un indicatore introdotto dall’Agenda 21, “antenata” della nostra Agenda 2030 e redatta dall’ONU nel 1992. Si tratta di un parametro che valuta il consumo di risorse naturali da parte degli esseri umani in rapporto alla capacità della Terra di rigenerarle.

Quando può essere introdotto con i ragazzi e rispetto a quali temi è interessante parlarne? Sicuramente nelle lezioni plenarie del primo anno per introdurre i temi chiave della sostenibilità: grazie a questo calcolo complesso è possibile comprendere come ottimizzare e sfruttare al meglio le risorse di cui dispone il contesto in cui abitiamo. Esistono ad esempio dei simulatori che permettono di calcolare la propria, come quello messo a punto dal WWF.
Un altro momento importante per contestualizzare questo principio è sicuramente il secondo anno, quando viene toccato il tema della pianificazione e della crescita urbana. Questo concetto, infatti, ribalta radicalmente l’idea di sviluppo territoriale aiutando gli allievi a capire “quanto” territorio servirebbe per soddisfare i consumi della popolazione insediata. L’impronta calcolata rispetto alla popolazione mondiale mette in evidenza che oggi viviamo come se disponessimo delle risorse di una Terra e mezza. Esistono interessanti raccolte di dati in rete che mostrano anche l’impronta ecologica di diverse città europee: può essere molto interessante commentarli con i ragazzi provando a immaginare con delle mappe quanto e dove potrebbe aumentare l’impronta al suolo dello spazio urbano se ci fosse l’opportunità di materializzare realmente i parametri.

Una delle più interessanti applicazioni di questo calcolo è quello che consente di definire con grande precisione quando le risorse prodotte in un anno dal nostro pianeta verranno consumate. Questo è il cosiddetto Overshoot Day. Purtroppo negli anni più recenti questa data ha subito anticipi sempre più forti: nel 2017 il giorno del sovrasfruttamento planetario è stato proclamato il 2 agosto, con quasi due mesi di anticipo rispetto a vent’anni fa.
La tradizione del calcolo dell’overshoot risale agli anni Settanta, proprio quando si diffonde l’idea di sviluppo sostenibile: la definizione di una data precisa aiuta a rendere più comprensibile il problema del consumo delle risorse, mostrando i limiti di un modello di sviluppo che, in qualche modo, è come se erodesse ogni anno circa un terzo del patrimonio da lasciare in eredità alle generazioni del futuro.
È possibile invertire la tendenza? Si stima che se riuscissimo a posticipare l’overshoot di quattro o cinque giorni ogni anno, intorno al 2050 si ritroverebbe una forma di equilibrio stabile. L’unico strategia possibile è tornare a stili di vita più rispettosi dell’ambiente e che mirino a sfruttare maggiormente le risorse rinnovabili. Indubbiamente incoraggiante la riduzione del 20% fra il 2005 e il 2013 dell’impronta ecologica degli USA, ma molto si deve ancora fare per tornare a utilizzare le nostre risorse in modo più rispettoso ed effficace.