Il tema del recupero degli edifici esistenti ha più di una buona ragione per essere diventato protagonista della recente stagione di agevolazioni fiscali. In primo luogo, gli edifici sfitti, abbandonati o vuoti sono un numero impressionante. Qualche anno fa si stimava che fossero all’incirca dieci milioni, sebbene il mercato immobiliare continuasse ad alimentare la produzione di nuove costruzioni. In secondo luogo, il nostro patrimonio edilizio del secondo dopoguerra inizia a mostrarsi profondamente datato e inadeguato, specialmente sul piano del contenimento delle dispersioni energetiche. Infine, la crisi economica del 2008 ha investito il settore dell’edilizia e arginato moltissimo la spinta a realizzare cantieri ex novo.
Ristrutturare un edificio è un’operazione che rimette in gioco un “capitale” esistente: in tempi in cui è necessario fare economia di risorse appare utile ripartire da una rivalutazione di ciò che c’è. Questa forma di “aggiornamento” del patrimonio edilizio viene chiamata retrofitting: ecco la nostra parola difficile di oggi.

Le costruzioni si trasformano
Il retrofitting in edilizia è l’insieme di adeguamenti tecnologici che migliorano le prestazioni energetiche, il comportamento sismico o più generalmente le condizioni di benessere interno di un edificio (ricambio d’aria, luminosità…). A queste pratiche, inoltre, consegue spesso un adeguamento normativo e un ripensamento dell’aspetto dell’edificio stesso che frequentemente cambia il proprio aspetto. Il percorso da seguire è piuttosto lungo: modificare una costruzione esistente per riutilizzarla o inserire al suo interno una funzione diversa da quella per cui è stata costruita comporta una serie di operazioni fondamentali.
Innanzitutto, si deve affrontare una fase conoscitiva della struttura che consenta al progettista di comprendere a fondo come “funziona” il vecchio edificio sia dal punto di vista statico che da quello del consumo di energia.
Dopodiché si provvederà a un rilievo dettagliato del manufatto e a un suo disegno in scala adeguata. A questo punto sarà possibile valutare la trasformazione pensando certamente all’adeguamento degli ambienti interni alle nuove funzioni, all’inserimento di nuovi impianti, ma anche a come trattare l’involucro esterno.
Quest’ultima azione comprenderà riflessioni relative al contenimento dei consumi, per esempio prevedendo un sistema di isolamento “a cappotto” o una facciata ventilata, ma anche in merito al nuovo aspetto che l’edificio avrà dopo la cura. Sistemi come quelli proposti prevedono la realizzazione di un vero e proprio nuovo “guscio” che ricopre la superficie esterna dell’edificio e questo permette letteralmente di cambiare i connotati a vecchie case e capannoni. Operazione che, se colta nella giusta misura, permette di riqualificare l’impatto di strutture molto vecchie e datate sull’ambiente circostante.

Attenzione al consumo di suolo!
Riutilizzare una costruzione esistente non è mai un’operazione banale o semplice: talvolta i costi di ristrutturazione e rifunzionalizzazione di un involucro edilizio già costruito sono più alti rispetto a quella di una costruzione realizzata da zero. Inoltre, mettere mano a un edificio “vecchio” è sempre complesso dal punto di vista tecnico poiché il funzionamento statico di una struttura che non ci è nota può presentare difficoltà e rischi di cantiere anche molto alti.
Perché quindi ristrutturare è un’attività ritenuta “sostenibile”? Perché possedere un edificio che non viene abitato o utilizzato è un costo: si pagano tasse e oneri di manutenzione per evitare che si deteriori. Una proprietà abbandonata, inoltre, non rende nulla in termini di eventuali affitti da riscuotere ed è poco quotata sul mercato di compravendita degli immobili.
Mantenere in ordine un edificio significa invece contribuire al decoro della propria città e prevenire gli investimenti per la realizzazione di nuove costruzioni. Se il numero di involucri edilizi è sufficiente ad accogliere le richieste per insediare abitazioni, attività produttive e commerciali non si deve costruirne di nuove. Tenere sotto controllo la crescita della città è un’operazione estremamente virtuosa, poiché contribuisce a mantenere inalterate le risorse ambientali del territorio su cui sorge. Prima fra tutte il suolo. Un territorio meno impermeabilizzato da asfalto e cemento è meno fragile dal punto di vista geologico e più produttivo dal punto di vista agricolo.
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