In questi giorni il nostro Pianeta manda messaggi molto chiari. Cambiamento climatico, inquinamento, consumo poco avveduto di risorse sono diversi modi di inquadrare uno stesso grande problema: abbiamo seguito strade poco lungimiranti per costruire un’idea di progresso fuori dalla nostra reale portata.
È necessario fermarsi a riflettere e definire nuovi grandi scenari di sviluppo, certo. Ma a quale prezzo? Come mai molto spesso si rinuncia a perseguire quelle che sembrano semplicemente strade giuste, come il divieto di consumo di suolo o l’annullamento delle emissioni da combustibili fossili e si cercano mediazioni politiche su temi che appaiono urgentissimi?
La risposta potrebbe essere trovata nella necessità di gestire i diversi interessi economici in gioco, ma non basta… Spesso gli ostacoli per la costruzione di un futuro sostenibile sono legati a deficit tecnologici. Insomma: non sappiamo come trovare modi diversi per mantenere le abitudini che abbiamo. Non sempre la soluzione è cambiarle: talvolta basta investire nella ricerca di nuove soluzioni o nuovi materiali. Per esempio: quali sono le alternative alla plastica? Si tratta di un materiale talmente presente che in alcuni settori è davvero difficile immaginare di rinunciarci. Vediamo insieme quali strategie si stanno seguendo.
Le bioplastiche
La plastica non è biodegradabile e questo costituisce un limite importante per le sue applicazioni. La nuova frontiera di ricerca sui materiali polimerici è proprio quella della progettazione di cicli di vita completi anche per queste materie prime; d’altra parte, i primi esperimenti per la produzione di resine polimeriche sono stati fatti proprio sulla cellulosa, che è una fibra interamente riciclabile. Grazie all’amido di mais e ad altri polimeri di origine naturale è possibile sintetizzare prodotti che chiamiamo bioplastiche. I tempi di biodegradazione di questo nuovo materiale sono pari a pochi mesi, contro il migliaio di anni della plastica tradizionale.
Le bioplastiche hanno ancora molta strada da fare: chiunque abbia utilizzato uno dei nuovi sacchetti della spesa a disposizione dal 2011 si sarà accorto che la loro resistenza meccanica è ben diversa da quella delle resine che derivano dal petrolio.
Gli SMP: polimeri a memoria di forma
La ricerca nell’ambito dell’industria della plastica ha prodotto polimeri SMP (Shape Memory Polymers) in grado di modificare la forma in condizioni particolari.
I polimeri a memoria di forma possono variare da una forma A a una forma B. La forma A è temporanea, ottenuta per deformazione meccanica del materiale, la B è la forma di ritorno che il polimero recupera quando sottoposto a uno stimolo esterno. Le sollecitazioni possono essere: una variazione di temperatura, una luce infrarossa o ultravioletta, campi elettrici, campi magnetici alternati o l’immersione in acqua (quest’ultima ancora in fase di studio).
I primi studi relativi agli SMP risalgono agli anni Quaranta del Novecento e oggi spaziano in moltissimi campi di applicazione. Uno dei più interessanti è quello dei tessuti intelligenti: fibre di origine naturale o sintetica che ricordano la loro forma di partenza se sollecitati tramite il calore. Dati il costo elevato e la tecnologia sofisticata necessaria a realizzarli, gli SMP sono utilizzati principalmente in campo biomedico, per esempio in sostituzione dei fili metallici degli apparecchi ortodontici che servono a riallineare i denti. Benché abbiano proprietà meccaniche inferiori a quelle del metallo, sono invisibili e quindi molto apprezzati esteticamente. Gli SMP sono stati utilizzati per la produzione di bendaggi rigidi, in grado di adattarsi perfettamente alle forme del paziente, e di fili di sutura auto restringenti, in grado di avvicinare in pochi secondi i lembi di una ferita.
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