Accorciare le distanze
In classe abbiamo legioni di fan di Stranger Things: perché non sfruttare la loro passione per gli anni Ottanta per introdurre alcune questioni legate all’agenda digitale?
Quando sul piccolo schermo fece la sua comparsa la serie TV Automan avevo circa otto anni. Il plot era molto simile a quello del film Disney Tron, anche se lo sviluppo delle vicende portava in una direzione completamente diversa: Walter, l’antieroe nerd, inventa un videogioco che improvvisamente prende vita e gli permette di interagire con le cose che lo circondano: la sua creatura, Automan, è una forma di intelligenza artificiale dalle fattezze umane che aiuta il protagonista a sventare crimini nella Los Angeles degli anni Ottanta.
Automan è reale, ma immateriale e grazie a Cursore, una sua estensione operativa, può creare ologrammi in grado di intervenire nelle diverse situazioni, ma anche introdursi in dispositivi (veicoli, casseforti, elettrodomestici…) piegandoli totalmente al suo servizio. Walter, attraverso Automan, trova il suo riscatto: da ultima ruota del carro del suo dipartimento di polizia, si trasforma in elemento essenziale della squadra e questo succede proprio perché riesce a cambiare le cose senza farlo direttamente.

Internet e i suoi servizi storici
Nella trama di Automan c’è ben più di una similitudine con la situazione attuale: molti sforzi spesi da aziende ed enti pubblici negli ultimi anni sono infatti stati dedicati a creare le condizioni per usare la rete, rinunciando all’interazione fisica. Cursore, agli occhi dell’ultraquarantenne che sono oggi, diventa un utile pretesto per osservare come i servizi della rete in supporto alle attività umane siano animate da quella stessa duplice ispirazione: perdere il peso del corpo e risparmiare tempo. Grazie a internet, una grande mole di informazioni è stata smaterializzata, perdendo la necessità di avere un supporto fisico, e ha dato vita a una prima gamma di servizi. L’e-mail o posta elettronica è certamente uno dei più antichi e più utilizzati. La rivoluzione introdotta da questo servizio ha portato grandi e significativi cambiamenti che hanno trasformato il nostro modo di comunicare sia nel tempo libero, sia specialmente in ambito lavorativo.
Altro servizio internet ormai da considerarsi storico è quello che conosciamo come World Wide Web (WWW o anche, semplicemente, web). Fu inventato nel 1989 dall’informatico inglese Tim Berners-Lee del CERN di Ginevra: la sua idea consisteva nel creare un sistema di interconnessione tra siti internet permettendo a tutti i computer collegati in rete (online) di condividere le proprie informazioni. Il web è un ipertesto, cioè una concatenazione di link, collegamenti tra le diverse pagine online attraverso legami tra gli indirizzi dei vari siti (chiamati URL, Uniform Resource Locator). Ogni utente può scegliere quali link seguire e costruire così un percorso personale.
Per rendere più semplice la navigazione sono stati in seguito inventati i browser, programmi che permettono di recuperare e visualizzare facilmente le risorse presenti nel web. I browser interpretano il codice delle pagine web e lo presentano sotto forma di testo, immagini o video. Oggi i browser hanno assorbito altri servizi della prima ora come i protocolli di trasferimento file (FTP) utili a scaricare file da un disco rigido in remoto.

I servizi di ultima generazione e l’internet delle cose
Servizi di generazione più recente puntano invece a un’integrazione fra quelli ormai considerati tradizionali, per consentire una maggiore velocità nelle procedure e una ancora più consistente riduzione degli spostamenti delle persone. Sono ormai completamente digitalizzate diverse attività “di sportello”, come quelle utili alle più comuni operazioni bancarie (e-banking) o quelle finalizzate a snellire le più comuni pratiche burocratiche dei servizi erogati al cittadino da parte degli enti pubblici (e-government).
Gli esempi più interessanti relativi a queste nuove tipologie di servizi online riguardano però la digitalizzazione di veri e propri spazi collettivi: nell’ultimo anno e mezzo, durante l’emergenza pandemica, abbiamo ad esempio assistito alla smaterializzazione totale della scuola. Non possiamo però certo dire che la pratica dell’apprendimento a distanza attraverso il cosiddetto e-learning fosse sconosciuta o nuova. Le piattaforme per mettere in pratica la Formazione a Distanza (FAD) sono infatti in uso da molti anni nell’ambito dell’istruzione degli adulti e universitari. Certamente però il coinvolgimento degli allievi più giovani in un’esperienza di didattica a distanza in completa sostituzione di quella “tradizionale” non era mai avvenuto, specialmente con i numeri messi in gioco dal lock down.
Oltre alla scuola virtuale, sicuramente l’applicazione più diffusa di servizi di ultima generazione riguarda l’e-commerce o commercio elettronico, che ricostruisce in rete l’idea di mercato. Questa attività consiste nell’utilizzare la rete internet per facilitare l’incontro tra domanda e offerta e semplificare le possibilità di venditori e compratori di concludere affari. Il commercio elettronico ha diversi vantaggi legati alla smaterializzazione e al digitale: oltre alla rapidità di interazione tra gli utenti e altri vantaggi tipici della globalizzazione, come l’abbattimento delle distanze e la maggiore accessibilità dei servizi, un negozio online ha minori costi perché, per esempio, non deve pagare un affitto per il proprio punto vendita come un negozio tradizionale, poiché è in tutto e per tutto un sito internet che può essere gestito da casa propria.
Ultima frontiera dei servizi che la rete fornisce a supporto delle attività umane riguarda certamente il cosiddetto internet delle cose (Internet of things). Proprio come nella serie televisiva, internet è in grado di interagire con oggetti ordinari che, grazie allo sviluppo tecnologico, vengono resi smart: acquistano un’identità nel mondo digitale e, essendo interconnessi fra loro, permettono di raccogliere, scambiare e rielaborare preziose informazioni utili a rendere straordinariamente efficace il loro utilizzo e ottimizzarne i consumi.
Gli esempi di smart objects sono ormai tantissimi: fabbriche, case, elettrodomestici, contatori delle utenze domestiche, semafori, automobili, lampioni sono in grado di interagire con il contesto e connettersi alla rete definendo un nuovo orizzonte di servizi perfettamente integrati fra loro. Proprio come gli ologrammi di Automan sapevano affrontare la dura realtà della Los Angeles degli anni Ottanta.

Foto cover e interne: Shutterstock