La nostra è una disciplina che cambia… da sempre! Le indicazioni contenute nelle Indicazioni nazionali non hanno soltanto consolidato alcuni aspetti (la didattica laboratoriale, l’uso delle TIC) ormai per tradizione appartenenti all’ambito disciplinare, ma ridefinito in modo forte e radicale l’epistemologia stessa di ciò che insegniamo.
Non è una novità: è già successo altre volte in passato. La disciplina che oggi chiamiamo “Tecnologia”, diversamente da altre, si è reinventata spesso. È stata un percorso di formazione alla manualità e al lavoro pratico quando la ripresa economica del secondo Dopoguerra sanciva una grande vitalità dei settori produttivi e della manifattura (le “applicazioni tecniche” femminili e maschili).
È diventata Educazione (con la “e” maiuscola) quando lo sviluppo del terziario ha comportato la necessità di affiancare una dimensione intellettuale al “saper fare”. Nell’Educazione Tecnica che abbiamo conosciuto da docenti o da allievi c’erano l’informatica e il disegno, ma anche la teoria. Non solo: c’erano le compresenze. Uno spazio preziosissimo in cui le discipline insegnate a scuola avevano la possibilità di confrontarsi mostrando progettualità inaspettate. Una grande ricchezza insomma… spesso feconda, ma a volte difficile da cucire insieme in sole tre ore settimanali.
Quando poi le ore sono diventate due, ci siamo dovuti confrontare con autonomie disciplinari sterili (l’ora di teoria e l’ora di disegno che non si “parlano” più) e contenuti sempre più ricchi (il coding, la robotica…). Il poco tempo coi ragazzi spaventa: pare difficile approfondire a dovere tutti i diversi saperi previsti, ma anche tenere insieme le diverse anime della disciplina.
Che fare? A tutti noi è chiaro che è il rapporto della società con la tecnologia a essere cambiato. Il progresso non può più essere raccontato come un fenomeno lineare e tranquillizzante. Se fino agli anni Novanta far conoscere l’industria e le sue basi poteva rappresentare un modo per aspirare a costruire il sapere di una generazione destinata a essere più benestante e informata della precedente, oggi non è più così.
È l’idea stessa di “sviluppo sostenibile” a mettere in crisi la linearità di questo ragionamento e a porre le cose in una diversa prospettiva. La Tecnologia oggi viene insegnata per stimolare la curiosità. È una disciplina che utilizza in modo pretestuoso i propri contenuti per occuparsi con più interesse della costruzione del metodo di apprendimento (per esempio quello curiosity driven).
Una seconda “parola d’ordine” può essere “responsabilità”. Attraverso casi concreti, situazioni problematiche, scenari verosimili i ragazzi devono essere accompagnati attraverso un percorso didattico che faccia maturare in loro il senso del rispetto nei confronti delle risorse del pianeta e la capacità di comprendere appieno le ricadute e gli effetti del loro sfruttamento. Ogni decisione ha delle conseguenze che cambiano le condizioni ambientali alla piccola o alla grande scala: dietro ogni trasformazione del territorio si nascondono scelte importanti per la collettività.
Questo è ciò che si intende per “sguardo tecnologico”: partecipare alla definizione del senso critico degli allievi come strumento di cittadinanza attiva e consapevole. Cittadinanza che è da intendersi ovviamente nel modo più ampio possibile.
Questa idea aiuta a comprendere al meglio un ultimo concetto chiave: la progettualità. Il senso di responsabilità nei confronti delle trasformazioni subite dall’ambiente deve stimolare nei ragazzi il desiderio di poter “gettare lo sguardo avanti”: la capacità di poter immaginare oggetti nuovi, modificarne di esistenti, creare prodotti didattici ponendo in relazione concreta la fase di ideazione e quella realizzativa.
Tutto questo senza mai citare esplicitamente (o quasi) le parole “informatica” e “disegno tecnico”? Credo si possa essere molto soddisfatti di vedere comparire molto spesso il termine “laboratorio”. Questa parola, così ricca di senso, rompe gli steccati delle discipline e delle “specialità”, apre all’uso di linguaggi e tecniche diverse che possano mettere in relazione la fase concettuale (la preparazione dell’idea) con quella materiale (la costruzione del prodotto). Imparare a disegnare e a usare software in modo consapevole è importantissimo: purché si inserisca in uno scenario concreto di cui l’allievo si “appropria”.